Una tastiera nuova

P_20170328_190333_1Sacchetto, scatoletta dello yogurt, residui di passato di verdure su un contenitore di plastica: controllo ogni superficie. Ribalto il sacco nero più volte. Ci sono gli scarti, gli odori penetranti e acidi dei batteri, il profumo chimico della plastica nera, calze rotte. Dalla vicina sale il profumo di qualcosa di fritto o unto. Di ragù, forse.
Le mie mani continuano a rovistare.

Mi alzo, cammino e guardo sotto divano e poltrona. Afferro la scopa e provo stanare quello che sto cercando e che la mia vista, a quanto pare, non riesce a scovare. Ho perso o buttato una micro USB per mouse e tastiera Wifi.

Tutto è iniziato domenica sera quando afferrando in malo modo la tazza di caffè d’orzo, ormai lì da un po’ di ore, ho innaffiato la tastiera del portatile. Non ho pensato alle conseguenze: ho asciugato con un tovagliolo di carta, riposto la tazza nel lavandino e sussurrato un “merda”. Dopo poche parole ho capito che qualcosa si era guastato.
Prima è stata la “c” ad abbandonarmi. Pigiavo e pigiavo. Niente da fare. Ho sollevato il tasto per staccarlo dalla tastiera, ho pulito, asciugato e rimesso a posto ogni cosa: anche i pezzettini bianchi a incastro ché quelli è un attimo a perderli o a romperli.
Poi sono state le “a” a diventare zoom e le “t” che hanno aperto comandi e finestre mai viste. Infine, senza che io toccassi alcunché, sono iniziate le sequenze automatiche di “w” o di “0”.
Spento e riacceso, ho infine controllato se Aranzulla avesse scritto qualcosa su tastiere possedute o impazzite. Niente.
Il pc era appena stato riparato: avevo cambiato la tastiera perché si era rotto lo spazio. L’ho tenuto insieme con lo scotch colorato per giorni, prima di decidermi a cambiare tutto, qualche mese fa.

Bene. Siamo di nuovo daccapo e ora c’è il rischio che salti il pc. Quando qualcuno mi ha fatto notare la gravità della faccenda, sono corsa a salvare 5-anni-da-freelance&viaggi su un disco esterno. Nel frattempo cercavo di non stare in ansia per il lavoro, quello che devo fare da casa dopo l’ufficio. Quello che a volte non-ne-posso-davvero-più ma che devo, e che prima mi piaceva e mi piace ancora adesso. Solo che farlo non come freelance ma da dipendente – sono le stesse cose ma più potenti perché vedo tutto il processo – riempie gli spazi e lascia solo la stanchezza come rimasuglio; lascia la voglia di muoversi, correre, sudare, ridere e fare anziché starsene seduti al pc.  Non dimentichiamo che è pure primavera con quella roba di colori, ormoni, risvegli e respiri.

Questa domenica ho iniziato a lavorare dopo chilometri passati a correre e a camminare. Ho iniziato dopo un pigro perdere tempo: non abbastanza in fretta da evitare il calo di endorfine né da finire prima che la tazza si rovesciasse. Che poi le endorfine, quando precipitano così violentemente, lasciano quella sensazione di ubriacatura triste che – unita all’impotenza per il computer – mi ha spinta diritta a dormire. “Lunedì comprerò un computer al volo”, mi sono detta. Poi è diventato: “Comprerò una tastiera, ma martedì”.

Così martedì quella tastiera mi ha regalato una passeggiata in centro a Milano, alle 19 con l’ora legale. E non andavo spedita di corsa: osservavo i turisti, le macchine della polizia, le palme, la Mondadori, la Rinascente, un cinema con la fila fuori e un giaciglio improvvisato a terra, i cavalletti per osservare la luce sul Duomo, la pazienza per cogliere l’attimo accanto al selfie veloce, le coppie che si baciano, chi vende qualcosa, chi chiede qualcosa, il solito che fa i ritratti e quello che suona. Le puzze, il pomodoro e il formaggio dei panzerotti di Luini, l’odore di fritto, di pizza, di caffè, di sudore e di uomo profumato, di Lush, di dolciastro, di finto, di chiuso, di secco. Il sole che acceca e mi costringe a spostarmi.

Ho trovato un Trony nel sottopassaggio della metro, in San Babila, che così da Duomo me la sono fatta tutta a piedi anche al ritorno, con la tastiera in mano. Ho chiamato qualche fiorista che avrebbe chiuso alle 21 per sapere se avevano il terriccio per Orchidee. Non lo avevano. Sono tornata a casa che era tardi e avevo una fame eccessiva. Ho mangiato in fretta con quella gestualità poco accorta, veloce e imprecisa di chi deve fare troppe cose e ha davvero tantissima fame o gli scappa la pipì e non riesce proprio a staccarsi da ciò che deve fare. Ho aperto la tastiera mentre avevo qualcosa in cucina che… non ricordo bene se stavo ancora cenando in piedi o se stavo preparando, scaldando. Forse era l’acqua per la tisana. Quindi, dicevo, apro la scatola di corsa e butto tutto ciò che impiccia. Mi metto lì, con mouse, tastiera e pc. Le pile? Dove sono le pile? Nel cartone finito nel sacco. Ripesco.
Poi, dai che forse funziona, ma… ma dov’è? Manca la micro!

Ritorno davanti al pc con le sue due tastiere inservibili. Faccio un movimento sgraziato – che novità – e colpisco il mouse. Chiudo gli occhi cercando di non sentirmi del tutto stupida. Lo raccolgo da terra: sembra integro ma mi sposto poco più in là perché manca una pila. Sì, è uscita la, la…la micro! Mi chino a raccogliere e inizio a ridere. Accanto alla pila c’era la micro che se ne stava ben tranquilla alloggiata nel mouse. Sono andata a dormire dopo aver scoperto che la tastiera nuova funzionava e che ogni cosa era al suo posto.

Mancano solo un orologio da muro e il rinvaso dell’orchidea, mancano i vestiti impilati da mettere nell’armadio e quelli ancora da piegare per bene (ché io non stiro). E con tutto quello che avrei potuto e voluto scrivere con la mia nuova tastiera, cosa faccio? Racconto un episodio cretino che inizia mentre sto rovistando nella spazzatura.

2 pensieri su “Una tastiera nuova

    • L’ho rinvasata domenica ma temo di aver sbagliato qualcosa: le radici più corte e superficiali stanno fuori dal vaso e la pianta è storta. Ho avuto paura di pigiare troppo e rompere le radici. Ti farò sapere come va 🙂

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