Questa mattina sono scivolata

bananas-594354_1280La vidi una settimana fa per la prima volta, bruttina, le spalle larghe. Con la coda nera e un fisico tarchiato, mi domandai come avrebbe mai potuto sedurre un uomo. Non che fosse necessario saperlo, sia ben chiaro. Eppure non potei frenare quella domanda irriverente, almeno nella mente. Mi chiesi anche come facesse l’amore.

«Le è mai capitato, dottore? Di avere certi interessi sulle persone che vede, diciamo sul treno… o su di noi. Quanti ne vede, di pazienti?»

Il medico tirò su gli occhiali e disse: «ecco, mi sto giusto chiedendo perché mi stia raccontando tutto questo…». Mi guardai le ginocchia sbucciate e sentii il dolore penetrare nella caviglia. Sì, ero lì per ben altri motivi, eppure non potevo starmene zitta.

«Mi lasci finire, devo spiegare, la prego…». Il medico annuì, spazientito. La penna giocherellava  tra le sue dita, si posava e si sollevava.

Ecco, dove ero rimasta? Quella donna mi salutò e mi guidò nello studio accanto. Cercai di non immaginarmela a letto. Stava per bucherellarmi la pelle con aghi e colori, che importanza poteva avere la sua sensualità mascolina? Mi avrebbe sfiorato con le mani, lungo la caviglia e il piede da tatuare: scacciai le fantasie e pensai alla cena con lui, quella sera.

In mezzo a questi ricordi sorrisi al medico, e cercai le parole per proseguire, frugando nella borsetta. «Insomma, con la tatuatrice, successe un pasticcio…». Mi lasciai sedurre, lentamente. «Non che abbia fatto chissà cosa…». Il medico sbuffò: «venga al punto, signorina».

Il fatto è che ci pensai tutta settimana. Non sapevo se dirlo al mio fidanzato, se rivederla, se fingere. Ma poi stamattina arrivai in stazione di corsa, affannata e confusa barcollando su un tacco dodici, e quando li vidi – lui e la mia tatuatrice –  baciarsi senza ritegno… «io scivolai, dottore». Le mie gambe non ressero, la vista si offuscò e io scivolai sull’asfalto umido, accarezzandolo con le braccia morbide e irrigidendo quella maledetta caviglia tatuata.